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Alle scoperte fortuite di siti, complessi e singoli manufatti preistorici, susseguitesi con ritmo irregolare e con diversa consistenza dalla metà del XIX secolo agli anni Settanta del XX, ha fatto seguito da oltre trent’anni una sistematica azione di tutela e di indagine, con prospezioni, scavi e studi mirati e condotti con metodi e strategie adeguate ad una ricerca moderna e rispondente ai ritmi di trasformazione. Dopo la generazione feconda di appassionati locali, come Paolo Vimercati Sozzi e Gaetano Mantovani, che per primi dimostrarono una non comune attenzione alla Preistoria e Protostoria, con il Novecento cambiano i soggetti della ricerca: si istituiscono le Sopraintendenze, un tempo alle Antichità ora per i Beni archeologici, e si registra un sostanziale mutamento della figura dell’archeologo con l’avvento degli specialisti. Ma è solamente a partire dagli anni Ottanta del XX secolo che, per far fronte alle emergenze quotidiane con risposte non episodiche, si imposta un lavoro di tutela preventiva che trova i suoi presupposti ed i suoi punti di forza sia nella conoscenza della situazione archeologica, maturata attraverso esaustivi lavori di ricognizione e studio sulla città (Bergamo dalle origini all’altomedioevo. Documenti per un’archeologia urbana, 1986) e sul territorio (Carta archeologica della Lombardia. La Provincia di Bergamo, 1992) e l’edizione puntuale dei risultati delle ricerche, sia nella valorizzazione e creazione di nuove realtà museali ed espositive, quali presidi sul territorio e luoghi di conoscenza e comprensione delle memorie storiche identitarie.